cucinare di domenica
Era tanto che non tiravo la sfoglia. Il piacere del gesto e il contatto con la materia si impongono con il mattarello e la spianatora. Ho imparato che avevo dodici anni. “Mamma, mi insegni”, chiesi un giorno. Così imparai a lavorare la pasta finchè l’ultima bollicina d’aria, al taglio di controllo, non era sparita, a modulare la pressione e il movimento della mano e del braccio sul mattarello, a farlo rotolare schiaffeggiando la tavola con la sfoglia al momento di girarla. A tagliare non subito, perchè ero ancora piccola per quel movimento che richiedeva così tanto controllo, e perchè lei aveva paura dei coltelli. Mi raccontava che la Nonna Ghitina, in campagna, alla Pieve, si era fatta un tagliapasta con un pezzo di falce e andava velocissima. Ci fu un periodo in cui le volte che faceva il brodo io tiravo sempre due uova di sfoglia per i tagliolini, non sfiorandomi minimamente il pensiero di poterci mangiare la pastina di semola industriale che lei ci avrebbe messo. Tuttora è per me un binomio inscindibile, il brodo di carne e i tagliolini tirati a mano e tagliati che più sottili non si potrebbe.
E’ cibo domenicale come pochi, la sfoglia tirata a mano. Gioioso e rituale, preferibilmente invernale, caldo e conviviale. Per il condimento ho utilizzato una porzione di faraona che avevo in freezer e ho improvvisato un ragù bianco al timo-limone che vedete qui appena colto dalla mia rigogliosa pianta in terrazzo. Nella ciotola in secondo piano il fondo di cottura con cui ho mantecato la pasta.
Per la carne ho utilizzato questa cottura che, come vi dicevo, ha un ottimo rapporto costi/benefici: vino bianco, olio, scalogno, aglio, carotina, timo-limone e pepe, coperchio e via. Ho tagliato la polpa rimettendo ossa e pelle in pentola per continuare la cottura del fondo. La mantecatura ha voluto ancora erba, pepe, e olio. Non ce l’avevo, ma ci sarebbe stata bene qualche mollichella di Reggiano dosata con discrezione a bordo piatto per guarnire.
anch’io oggi ho mangiato pasta fresca, i busiati, la pasta che si fa con i ferri da maglia; non l’ho fatta io però, è un lavoro da suocere esperienti ;)
per il lievito madre ho quasi buttato la spugna al momento, ci riprovo quando torno dalle vacanze :)
@Giovanna
Mooolto laboriosi! Io mi fermerei ai cavatelli. :-)
ps: ora sto lavorando con due madri. Quando vuoi, sono a disposizione…
Rimpiango di non aver mai imparato a tirare la sfoglia. E pensare che mia nonna lo faceva ogni domenica. Io la guardavo ammirata, ma stranamente non ho mai provato. Con questo post hai evocato ricordi molto intensi. Ottimo il tuo condimento.
E si la domenica è il giorno della pasta all’uovo… Ti ho citata nel mio ulrimo post.
Un abbraccio
Marco (Loste)
Ecco, mi hai fatto commuovere con la descrizione della sfoglia! Proprio come faceva la mia amata nonna…io prendevo una sedia e mi mettevo in ginocchio a guardare da vicino, per imparare.E anche lei faceva quello “splash” quando la girava…ma io non riesco proprio a farlo!
Lei li chiamava “capellini” in brodo…
…mi manca tanto!
ciao
=)
@Camilla
Benvenuta! Il potere delle parole è immenso. Scommetto che non ti saresti commossa solo a veder la foto. Immagino che sia lei ad averti trasmesso la passione per il cibo, sei stata fortunata ad avere una nonna che ti ha insegnato.
Che bella forchettata di tagliatelle! Me ne passi un pochino per domenica prossima? :)
Anche la mia nonna paterna la faceva, con lo “sgnadur” (sai che cos’è??) e era così veloce che in quattro e quattr’otto eravamo in 10 a tavola che a pensarci adesso dovrei programmarmela 1 settimana prima…. Che nostalgia… senti ma… se tiro la pasta con la macchina… :P
Abbracci =(^.^)=
Mara, leggendo le prime righe volevo dirti “….che bella domenica!!” Ma quando ho visto la foto della pasta “finita” devo dirti, sinceramente, che ho fatto un’esclamazione che non si può ripetere qui… :-D
Una meraviglia !!! Sinceramente una delle foto più invoglianti che mi siano capitate nell’ultimo anno sfogliando blog di cucina!
PS: ancora più delle foto o delle parole sarebbe bastato (per chi lo ha “vissuto”) lo …”STAFLAP!!”. Si… proprio il doppio rumore sordo che faceva la sfoglia quando si faceva girare sul mattarello…
Un post veramente bello, di ricordi, sapori, atmosfere… cuore.
Grazie Mara!
Jacopo
@Gatadaplar
Benvenuta! Lo “sgnadur” qui a Roma ci manca. Di dove sei?
@Jacopo
Ma non è che stai esagerando? Grazie cmq, i complimenti fanno sempre piacere. :)
Lo sgnadur e` il mattarello…almeno credo, essendo pure io romana, ma l’ho sentito in Romagna.
Favoloso il tuo piatto.
@Elisa
Ciao, e benvenuta!
Grazie per i complimenti. I ragù bianchi di volatili sono super!
Confermo che lo sgnadur è il mattarello.