lamentazione
Questa non è un’analisi, ma uno sfogo, la constatazione di uno stato di fatto.
Nei ristoranti di medio livello si mangia mediamente male. Non so altrove, ma a Roma sicuramente. La visita all’ennesimo locale che sembrava promettere bene sulla carta, si è rivelata assai deludente. Io non vado al ristorante per mangiare, e nemmeno per passare una serata. Io al ristorante ci vado per il godimento, per il piacere che – presumo – mi darà il cibo. Mi aspetto che a ricevere qualcosa non sia solo il mio stomaco. Chi sta in cucina deve avere “la mano”, altrimenti è inutile stare lì seduti, in attesa di qualcosa che non verrà, per poi rammaricarsi dei soldi spesi così male. Dico deve perchè se spendo 50 e più euro, mi aspetto legittimamente che il cibo sia buono, scelto e cucinato con cura e attenzione; certo, qualcosa sarà più buona, qualcosa meno, ma nell’insieme soddisfacente. Invece tutto è piatto, omologato, dimenticabile, senza sapore. Ecco, quello che manca è il sapore. E allora che senso hanno un ambiente gradevole e accogliente, un servizio premuroso, e la cura nella presentazione, se poi quello che sta nel piatto sa di niente? Che significa un cestino del pane con sette tipi di pane, tutti cattivi? Per non parlare della pasta (nella fattispece al ragù di pesce, che – per € 20,00 – mi è arrivata cruda, slegata, mantecata senza fumetto e con tre centimetri tre di filetto del suddetto pesce), che a Roma si riesce a mangiare a mestiere si e no in tre posti (su questo specifico argomento ho scritto in questo vecchio post).
Poi però succede che la maggioranza dei clienti non ha affatto tutte queste riserve, anzi sembra essere contenta dei piatti da fighetti senza sapore, e così non c’è rimedio per noi gaudenti dalle papille esigenti. L’alternativa – mediamente – è il piacere autogestito.
Quest’analisi, o meglio, sfogo, segue il corso di alcune mie riflessioni, dubbi, incertezze: quando si inciampa in una situazione come la tua, è giusto raccontarla con nomi e cognomi o no?
Io mi sono risposto di sì: spiegare motivando, come fai tu con evidente competenza, mette in guardia il goloso, informa il lettore, e può essere un’indicazione preziosa per il ristoratore.
La calunnia non serve a nulla, la critica sì, anche se infastidisce assai.
E’ evidente che se ora fai il nome di questa Casa io girerò alla larga: magari il ristoratore se ne accorge, si migliora, qualcun’altro lo proverà e ne scriverà bene e tutti noi torneremo volontieri. O no?
Altrimenti gli sta bene così, e siamo lieti che continui a nutrire i suoi clienti felici e contenti (fa rima). Noi no, noi.
Il problema è che la maggior parte di tutti noi (o tutti loro) continua ad andare in posti dove i sapori sono anonimi, è contenta di quello che ha mangiato e felicemente ne scrive. Credimi cambia poco o nulla, non c’è rimedio. O forse siamo sbagliati noi (e non loro).
Non per fare il razzista ma la lamentazione ha a che fare con…. qualcuno “nero” !?! :-)
Fa parte di una serie di riflessioni che anche io mi sono trovata a fare e mi sono convinta che mediamente la gente con capisce nulla e noi siamo troppo esigenti.
Il più delle volte mangio meglio a casa mia, per fortuna qui in provincia ci sono ancora quelle 2 o 3 eccellenze dove si va sul sicuro.
@Appuntidigola
In teoria si, nella pratica no, perchè quando fai parte dello stesso ambiente diventa tutto più complicato.
@Lilli
Noi non siamo troppo esigenti, il problema è che quando tutto somiglia ai 4saltiinpadella, mancano le fondamenta. Quindi meglio cucinare noi, appunto, il piacere autogestito.
ciao mara, buon anno innanzitutto! sottoscrivo in pieno. pure a milano è così, mi è capitato di farci riflessioni su riflessioni. quando spendi 50, 55 euro, credo sia quasi d’obbligo uscire soddisfatti. sennò sto a casa, oppure scelgo di spenderne 70-80 in posti di cui mi fido. ma un risotto freddo alla scamorza.. come è capitato a me.. non si può! o due pezzettini di focaccia gelida di 1x1cm perchè fa figo la microporzione microba? ma dai… io credo che, nonostante la molta informazione che respiriamo leggendo in giro, noi tutti che siamo qui, molta gente non abbia davvero il palato (l’intelligenza o la curiosità..) per comprendere se un piatto è buono o meno. e così.. accade quel che accade! baci
Ho letto, e poi riletto il tuo post, ed i commenti che ne sono seguiti.
Vivo in provincia di Ravenna, e sono spesso a Bologna, credo quindi di avere una buona prospettiva gastronomica su queste zone.
Quello che mi pare venga curato da noi, ed anche questo segue del resto un filone modaiolo (ma dopotutto a fin di bene), e’ la provenienza dop “rigorosamente del territorio” delle materie prime con cui si cucina, l’olio, i formaggi, la qualita’ di carni, uova, farine ecc.
Mediamente, nel ristorante medio dal prezzo medio per noi gente media :), a meno di andarsela a cercare il risultato e’ che si mangia mediamente bene, ma senza entusiasmo, senza presentazioni creative, senza prendersi “rischi”, andando piuttosto verso la semplicita’, leggermente noiosa, anche se reinventata.
L’entusiasmo si e’ perso anche nella ristorazione, inseguendo l’utile, la quantita’, il grigio uniformante, per troppo tempo. Non e’ cosi’ dappertutto ? Non sta forse crollando finalmente tutto ? … ma sto derapando verso un discorso piu’ pericoloso e complesso di un buon risotto mantecato bene e presentato a temperatura conveniente (per quanto …).
Quello che cerco sto imparando a cucinarmelo, grazie a questa media grigia che c’e’ intorno. Nel frattempo, sogno un cambiamento guardando quanto scrive Pierre Gagnaire nella prima pagina del suo sito (traduco liberamente) : “Voglio che il mio ristorante sia un luogo aperto, presente oggi, volto al domani, consapevole di ieri, e che non perda mai di vista il suo obiettivo : dare piacere attraverso la cucina, una cucina generosa, viva, con il rischio di quelle note stonate che alcuni mi rimproverano ; che mi perdonino l’eccesso di vitalita’ ! “.
Scusa la lungaggine, a presto, Federica
PS : vittima del copia e incolla, mi sono registrata nel commento scritto qui sopra con l’indirizzo del sito di un critico gastronomico francese che stavo leggendo …
Scusa, e considera che il mio indirizzo e’ quello di questo commento. Ciao :)
Io sto all’estero, in UK. Maruzzella, la tua scrittura illumina qualunque cibo, seguo il tuo blog da tanto, spesso la timidezza non mi fa commentare, ma con questo post mi tiri a cimento!
Il cibo medio qui fa letteralmente schifo: si tratta di tornare a casa non avvelenati, non di mangiare bene e tantomeno di mangiare qualcosa che non mangerei migliore a casa. Detto questo ho trovato dopo lunga ricerca un paio di ristoranti onesti sui 40 euro, dove mangio cose che a casa non farei – un fagiano ripieno con cinque contorni sporca semplicemente troppa roba – e dove veramente mi sento coccolata; inoltre ho trovato libri di cucina di ‘celebrity chef’ che devo dire sono entusiasmanti, le loro ricette hanno portato ventate di novita’ in cucina e andro’ in pellegrinaggio a londra da loro molto presto. Il fatto che dei posti cosi’ esistano mi lascia a bocca aperta perche’ la persona media qui ha un’autostrada a quattro corsie sulle papille gustative e non mangia mai cibo cucinato espresso (MAI). La distanza con l’italiano medio per quanto fighetto e’ abissale.
D’altra parte per quanto ogni volta che torno a casa io resti a bocca aperta per la varieta’ di materie prime disponibili, devo dire che sono d’accordo: tutti i ristoranti che non siano i grandi classici davvero tradizionali sanno di quattro salti in padella, non hanno manico ne’ coraggio ne’ gusto. Ma perche’? Davvero una volta si mangiava meglio, o forse una volta che cominci ad avere manico tu ti accorgi degli errori degli altri piu’ facilmente? Eppure mia madre mi sembra ancora la miglior cuoca al mondo…
Innanzitutto grazie per i vostri begli interventi, lunghi il giusto.
@Adina
Buon anno a te. Amici affidabili che frequentano la tua città mi dicono che a Milano, per quanto riguarda la fascia medio-alta, si mangia meglio che a Roma. I romani sono fortemente etnocentrici in fatto di cucina e oscillano tra la ‘società dei magnaccioni’ e le ultime tendenze modaiole, la giusta misura necessaria per fare – e per mangiare – una cucina moderna ma di sostanza è appannaggio di una risicata minoranza.
@Federica
Meglio mediamente bene che mediamente male. Hai perfettamente ragione a dire che si è perso l’entusiasmo e che tutto ha una preoccupante sfumatura di grigio,perchè alla fine il problema non è nè male, nè bene, ma il mediamente; e fa piacere sentir reagire citando Gragnaire (parole sante!).
@Caterina
Grazie per l’apprezzamento! Mi rendo conto che la situazione, gastronomicamente parlando, in U.K. sia disastrosa (ma c’è sempre la cucina etnica, o no?), e un italiano possa anche dare la testa al muro, e che le realtà dei due paesi non sono paragonabili; ma anche qui il depauperamento della cultura materiale è inarrestabile, e saranno saperi e sapori sempre più destinati a una minoranza. Il cibo del resto non sfugge ai cambiamenti epocali che stiamo attraversando. Una volta si mangiava meglio? Lo credo fermamente soprattutto per la cucina di casa, per la ristorazione bisogna fare un altro discorso. Ma così è.
Concordo, in pieno. Da tempo mi dedico al piacere autogestito e spendo felice in materie prime e attrezzature.
Però mi piacerebbe uscire e sentire una mano diversa, poter guardare al di là del mio naso.
Cambierà o la mediocrità sarà la cifra del nostro futuro (forse non solo culinario)?
@Josette
Purtroppo può solo peggiorare. Condivido la tua pessimistica previsione, dato che la domanda – va da sè – è retorica.
Un saluto
Analisi che puoi pure “allargare” al di fuori di Roma e dell’Italia tutta.
Il gusto medio è… basso anche qui, in città come parigi, in cui tra l’altro spendi per mangiare.
Da qualche anno poi c’è questa moda del “world food”: con al scusa di proporti menù ai sapori esterofili, ti setvno a prezzi esorbitanti pessime imitazioni di ricette straniere.Porzioni piccole (menomale, dirai tu) e prezzi straosferici.
Sulla falsa riga di alcuni ristoranti stellati, che però sanno abbinare i gusti, loro e sanno cosa sia un’ottima materia prima.
Ma vanno di moda e funzionano, la gente ci va e li trova buoni.
http://www.radicchiodiparigi.wordpress.com
@Lucia
Anche a Parigi! Bisognerà allora puntare in alto: meglio meno, ma meglio.
assolutamente d’accordo: “meno ma meglio” è il mio motto in generale.
ps io ti ho linkato al mio blog!
Cara Maruzzella, hai aperto proprio un bel dibattito.
Condivido molto di quello che scrivi, mi sento assolutamente allineato e partecipe al tuo giudizio e, allo stesso tempo, anche un po’ complice della controparte, nella misura in cui anche il mio gusto, la mia conoscenza e la capacità di valutare e discernere è cresciuta ed evoluta.
Avrei valutato allo stesso modo suddetto ragù di pesce? Forse sì, forse no. E oggi sicuramente in maniera diversa da qualche anno fa.
E, al di là della valutazione sicuramente pesano le aspettative: cosa ci aspettiamo quando andiamo in “quel” ristorante?
In un contesto in cui la difformità di giudizio sarà sempre e comunque una regola, è difficile stabilire il livello di una legittima aspettativa piuttosto che di un’inarrivabile pretesa. Ma avrà comunque senso stimolare il dibattito, il confronto ed il miglioramento, onde evitare l’appiattimento dell’offerta gastronomica per semplici motivi di mercato.
sono completamente d’accordo e penso che, sebbene si stia diffondendo, sia un problema molto romano…
al grido che “tanto roma è bella, tanto aglis tranieri la cucina italiana piace sempre” la città si sta livellando verso il basso.
mi dà terribilmente fastidio andare a spendere 50 euro (o meglio DA 50 euro in sù) per cose che, beh, magari a casa mia facevo meglio…o se anche non le avessi fatte meglio mi sarebebro piaciute di più, mi sarei divertita a prepararle (e avrei speso meno, anche andando a far la spesa nel posto più caro del quartiere).
tante volte infatti, se prorpio devo spednere tanto, nel dubbio, me ne vado al giapponese… so che spenderò tanto, ma per lo meno so anche che io il sushi non lo so fare..e per lo emno spendo per qualcosa ceh a casa mia non faccio…
(ovviamente, nomi e consigli – anche in privato – sono più che ben accetti!)
@La Gatta
Visto che ti piace il sushi, ti consiglio Sushi-ko, a via degli Irpini a San Lorenzo. Il locale è senza pretese, ma molto giap, e a detta di molti fanno il sushi migliore di Roma. Per la cucina sicuramente Haseskura a Via dei Serpenti.
Uno dei migliori ristoranti in città è invece L’Arcangelo a Via Belli, dietro piazza Cavour. L’anno scorso ci ho mandato un amico con degli ospiti francesi e sono rimasti estasiati.
segno tutto…
:-)
hasekura sono stata…si si…
e ne segnalo anche uno in zona euro “kyo” (piazza ardigò), decisamente di buon livello non solo per il sushi…
anche quando sono tornata dal giappone ha retto bene…