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pasta pop

19 settembre 2007

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Parlavo l’altro giorno con un amico che lavora nel settore del fatto che quando si va nei ristoranti gourmet, molto spesso si rimane delusi dalla pasta che resta mediamente al di sotto delle aspettative. Antipasti e secondi sono libidinosissimi, per non parlare dei dessert, ma le paste mai al loro livello. Gli chef si impegnano con materie prime di pregio, tecnica e fantasia,  ma niente, le paste lasciano insoddisfatti. Arrivano irreprensibilmente composte sul piatto che non hanno fatto la mantecatura, con la salsa non incorporata, oppure risottate, oppure te le mangi con gli occhi tanto promettono bene, poi la prima forchettata ti fa dire un tiepidino si però…

La difficoltà ha a che fare con la natura della pasta, ontologicamente parlando. La pasta è un cibo popolare, così semplice ed essenziale, buono in sè, che non tollera nessuna artificio che la trasformi in una struttura complessa. La pasta è tradizionale, assolutamente e necessariamente tradizionale. Solo chi  riesce  umilmente a farsene interprete può trasformarla in qualcosa di indimenticabile ed emozionante. Non ci sono scappatoie: assoluta qualità delle materie prime, a cominciare proprio da lei, la pasta, una padella come si deve, e una mantecatura a regola d’arte.

Sono elementi che ne fanno una pietanza poco adatta all’approccio gourmet dell’alta ristorazione. Fulvio Pierangelini raccontava di aver messo una volta nel menù gli spaghetti al pomodoro – che nelle sue mani posso immaginare sublimi – e di averli tolti dopo essersi reso conto che venivano ordinati solo per i bambini.  Sono  le trattorie che hanno fatto una scelta di qualità, i luoghi dove poter mangiare la pasta con tutta la soddisfazione e il godimento che sappiamo ci può regalare.

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  1. 21 settembre 2007 6:43 am

    Esula dall’argomento, ma devo avvertirti che ti ho nominata per un meme, abbi pazienza.

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